"Superbo questo Autunno che crede di potersi sostituire a tutte le stagioni e falso e borioso indossa maschere d'Inverno. Spremuta di profumi passati per ogni goccia di pioggia calpestata dai miei passi veloci. Odore di banchi e di cancelleria, di sapone di marsiglia nelle tasche, di panni stesi sulle sedie davanti alle stufette accese, di pasta fresca e del sugo della domenica, di frutta e verdura sui banchi del mercato e sopra tutto il tuo profumo che ci accompagnava a scuola.
Suoni della tua voce impegnata in canti popolari e le mani a sfregare i panni alla fontana, l'acqua che scorreva, il bollire della pentola perennemente sul fuoco per i pranzi e le cene di una famiglia numerosa. Le tue risate semplici.
I sapori di primizie che sapevi inventare per nutrirci con le poche vettovaglie offerte dalla miseria.
Lo sforzo innaturale dei tuoi occhi di conoscere i colori delle stagioni oltre la tua vista, senza odiarne il divieto. La tua ironia sulla sorte.
In fila indiana si muovono i ricordi mi sembra di poterli toccare ad uno ad uno. Come se ieri fosse oggi e si potesse replicare per tutti i giorni della vita.
Ed ora che non hai più stagioni guarda alla corsa delle mie e a questo cuore scucito dal tuo ultimo sguardo, dal tuo ultimo respiro... tienimi per mano e sciogli i giorni, le ore, i minuti, i secondi muti inchiodati all'orologio quando mi è duro accettare la tua assenza.
Abita qui, madre, resisti nel cordone ombelicale dei miei momenti con te... solo così il silenzio delle parole che non potrò più dirti non mi ucciderà."
Paola Tinchitella
lunedì 23 ottobre 2017
domenica 1 maggio 2011
σφυξία
Sorriso/ il tuo
nomade
conduce tra pascoli di distanze
branchi di me
già dispersi tra canyons
aperti tra muscoli.
Le parole/ le mie
essiccate
su alberi di mesi
avi gli anni
avidi
di ore, minuti, secondi.
Nella paura/la nostra
digiuna d'odiare
affamata d'amare
imbottigliata in strettoie
di quel non rimembrare
dimenticando di esserne incapaci.
Un tempo/uno di quattroquarti
resta per concedersi all'amare
come fosse naturale
non aver mai smesso di farlo
o di pensarlo
per 4/4
per l'intero.
La natura/ umana
a chiudersi
in una vertigine convertita
dal riflesso d'uno specchio
la cui eco ride
rimbalzando tra cunette di pori.
Sguardo/il nostro
homeless
senza mostri alle spalle
evirato il tremore passeggero
da un ciao viaggiatore
genuflesso.
Notte incuneata
tra albe distanti
senza dimore nei calendari
asfissia di date
da segnare o depennare
pre, post... inesistenti
... σφυξία
su distacchi necessari
battito di polso
a segnar la quiete rinvenuta.
Paola Tinchitella © tutti i diritti riservati
nomade
conduce tra pascoli di distanze
branchi di me
già dispersi tra canyons
aperti tra muscoli.
Le parole/ le mie
essiccate
su alberi di mesi
avi gli anni
avidi
di ore, minuti, secondi.
Nella paura/la nostra
digiuna d'odiare
affamata d'amare
imbottigliata in strettoie
di quel non rimembrare
dimenticando di esserne incapaci.
Un tempo/uno di quattroquarti
resta per concedersi all'amare
come fosse naturale
non aver mai smesso di farlo
o di pensarlo
per 4/4
per l'intero.
La natura/ umana
a chiudersi
in una vertigine convertita
dal riflesso d'uno specchio
la cui eco ride
rimbalzando tra cunette di pori.
Sguardo/il nostro
homeless
senza mostri alle spalle
evirato il tremore passeggero
da un ciao viaggiatore
genuflesso.
Notte incuneata
tra albe distanti
senza dimore nei calendari
asfissia di date
da segnare o depennare
pre, post... inesistenti
... σφυξία
su distacchi necessari
battito di polso
a segnar la quiete rinvenuta.
Paola Tinchitella © tutti i diritti riservati
sabato 19 marzo 2011
Medaglia d'argento alla scrittrice Paola Tinchitella, alla D.ssa Liliana Russo e alla giornalista Nadia D'Amato
Scritto da Elisa Montagno
Venerdì 04 Febbraio 2011 07:34
Liliana Russo, Paola Tinchitella e Nadia D’Amato Insignite della “Medaglia D’argento” della Provincia Regionale di Ragusa. L’impegno, la solidarietà a sostegno della tutela e la valorizzazione dei beni pubblici, artistici, culturali e della comunicazione rappresentano la forza di un territorio. Liliana Russo (italo- venezuelana), cittadina vittoriese, artista eclettica laureata in decorazione, curatore di eventi culturali; la scrittrice romana Paola Tinchitella, e Nadia D’Amato, giornalista professionista vittoriese, sono state insignite della “Medaglia d’Argento” della Provincia Regionale di Ragusa per l’impegno a favore del sostegno della comunicazione e la tutela e valorizzazione dei beni pubblici nonché del patrimonio artistico -culturale. La Provincia e in particolare il Consigliere Salvatore Mandarà, presidente della 5° commissione allo sviluppo economico e Fare Ambiente, hanno riconosciuto il loro impegno nel progettare strumenti di comunicazione per la promozione e la fruizione del patrimonio artistico e culturale nel territorio locale ed internazionale offrendo i necessari supporti, come il rilievo grafico e fotografico, sia alla documentazione finalizzata alla ricerca sia a quella destinata alla valorizzazione. Gli scambi culturali sono quindi diventati un modo per valorizzare la nostra terra. Come nel caso delle tappe ragusane della scrittrice Paola Tinchitella, presente nel più volte nel territorio ibleo per la presentazione del suo libro “Apnea”. L’opera, un “romanzo-non romanzo”, come lo ha definito la stessa autrice, è stato presentato a Vittoria nei locali del Teatro Comunale, alla sala conferenze “San Giuseppe artigiano” di Ragusa e alle detenute del carcere di Ragusa. Per la scrittrice romana è il secondo evento di questo genere. Poco prima, infatti, aveva incontrato anche le lettrici della Casa Circondariale di Rebibbia. Gli eventi, dal titolo “Un viaggio nell’anima” ed “Il silenzio spezzato”, sono stati organizzati da Liliana Russo in collaborazione con il gruppo “Albatros”. In provincia i dialoghi fra la scrittrice e Liliana Russo e fra la scrittrice ed i partecipanti sono stati condotti e moderati da Nadia D’Amato. Durante tutte le tappe la scrittrice ha quindi conosciuto il nostro territorio, traendo ispirazione per nuove opere. Ogni viaggio, infatti, è fonte di ispirazioni ed idee per gli scrittori. E chissà che il prossimo romanzo della Tinchitella non possa essere ambientato nella nostra provincia, invece che in Spagna.
Elisa Montagno
Notizie sulla scrittrice romana Paola Tinchitella
“Il suo primo romanzo scritto con anima, cuore testa e quell’immancabile energia avvolta di flussi di emozioni che provengono dalla pancia, narrazione di parole ed immagini, poesia in prosa, che immergono in un mare di emozioni”. Queste sono le parole di Liliana Russo che ha presentato il libro dell’autrice romana nel suo itinerario ragusano. «Apnea», romanzo-non romanzo è ambientato in Spagna, raccontato dall’io di Isabel, la sua protagonista, ha riscosso un discreto successo alle presentazioni presso Rinascita, Caffè Letterario, Libreria Liberamente a Roma e al Castello Caldoresco a Vasto nella straordinaria cornice di Punta Penna. Infine giunge nel teatro Vittoria Colonna in provincia di Ragusa e la Sala Conferenze “San Giuseppe Artigiano” di Ragusa dove “Apnea” diventa protagonista di due eventi “Un Viaggio nell’Anima” ed ”Il Silenzio Spezzato” realizzati con la collaborazione del gruppo ”ALBATROS” e organizzati da Liliana Russo, che ha curato anche i dialoghi con la scrittrice. In questa sede, Paola Tinchitella partecipa anche al convegno intitolato “L’ambizione del Burattino”, dal racconto omonimo dell’autrice, che prende spunto dallo studio svolto su “Il social network rischi e vantaggi”, al fianco della D.ssa Liliana Russo. Per l’impegno a favore e sostegno della Comunicazione, della Cultura e dell’ Arte viene insignita della medaglia d’argento dalla Provincia Regionale di Ragusa. Incontra le lettrici della Casa Circondariale di Rebibbia e del carcere di Ragusa. Con Apnea si classifica al quinto posto Premio Internazionale di Libri «Il Saggio» e riceve una menzione nell’ambito del Premio AlberoAndronico. E’ stata inserita nell’Antologia del premio e nella blasonata Enciclopedia degli Autori Italiani. Approda in Mexico alla fiera internazionale del libro di Guadalajara (28 novembre al 6 dicembre 2009) e alla fiera di Torino assieme ad Intermezzo Criptato (decodificando il femminile in versi) una silloge che raccoglie sessantanove brani di poesia pubblicato a Maggio del 2010.
La recensione di Liliana Russo ad “Apnea”, l’opera prima dell’autrice presentata nella provincia di Ragusa durante gli eventi un “Viaggio nell’anima”e il “Silenzio spezzato”.
“LUCE DELLA RIBALTA”
NEI MEANDRI DELL’INCONSCIO di “ISABEL”
"Mare d'inverno... così arruffato, agitato, confuso come questa mia testa stanca di pensare, come questo mio cuore alla deriva, come questo mio corpo affogato dal desiderio di essere sfiorato da chi sapientemente lo sa amare"
Apnea, romanzo-non-romanzo, si rivela il grande dono che l’autrice, attraverso la magia della sua scrittura , mette a disposizione dei lettori utilizzando la comunicazione con uno stile che scopre la sua combinazione nel coraggio di varcare la soglia per ricercare naturali corrispondenze. L’autrice, facendoci incontrare i pensieri disordinati e disorientati di Isabel, la protagonista, attraverso le immersioni frequenti nelle profondità della sua anima, traccia sulle pagine bianche, una ricchezza di linguaggi , espressione delle sue emozioni, attraverso cui trasmette i diversi modi del proprio sentire. Si tratta di percezioni arricchite dei contenuti di quanto, dall’esterno e dall’interno, dalla diversità e dalla similitudine, dall’uno e dal molteplice, la scrittrice ha colto, segnando un attimo presente, diventato appena passato, ma con future proiezioni che portano con sé i mutamenti e le mutazioni. Il contenuto letterario dei percorsi della vita, nelle pagine di “Apnea”, possiede l’intraprendenza di sfidare il lettore a compiere un’immersione nella profondità dell’io, per entrare in simbiosi con la protagonista e con grande stupore ci si ritrova catapultati nel ruolo di personaggio in un palcoscenico teatrale che apre il sipario su rappresentazioni proprie della nostra anima. Così ciascun lettore può compiere un viaggio nel proprio passato vissuto attraverso cui scoprire la possibilità di mettere a confronto, nel presente, gli eterni dualismi di cui la vita è caratterizzata. Il lettore, entrando in simbiosi con il personaggio- protagonista viene indotto a soffermarsi su alcune riflessioni che lo portano ad interrogarsi sul suo voler “essere” e sul suo voler “ avere”, sottolineando il ciò che si “è” ed il ciò che si “ha”. E, dopo un’attenta e profonda analisi, egli raccoglie forze e coraggio per tentare la risalita della propria esistenza, iniziando ad affrontare quel mondo perbenistico al quale, egli stesso, ha permesso di confezionare regole e convinzioni per convivenze in “gabbie invisibili” in conflitto con l’idea di libertà dello spirito, in senso lato.Viaggiando insieme ad Isabel, tu, lettore, trascinato nell’immersione dell’anima, scopri che è avvenuto un colpo di scena inaspettato: la tua vita si impadronirà di un tempo scandito non più da lancette spinte da un battito meccanico, ma dal ritmo dei battiti di un cuore in grado di ricondurre la ragione sui sentieri del proprio istinto. Un “istinto” nel suo divenire, quindi ormai consapevole di essere divenuto liberatore e conquistatore dei propri sensi, che sono la caratteristica dell’essenza dell’essere e scontrandosi con quella “condanna vestita di dono”, denominata libero arbitrio, potrai scoprire la successiva ed ultima essenza: lo spirito, origine della nostra vita e sigillo dei misteri che conducono l’anima, ormai cosciente dell’oltre, verso l’oltretutto. Il linguaggio, se pur contemporaneo, compie un eccezionale superamento del suo limite linguistico, adattandosi a sfumature libere da regole convenzionali, per essere immerso in un panorama “universale” finalizzato alla lettura della creatività emozionale. Questa caratteristica espressiva dell’autrice sembrerebbe una sperimentazione, ma in realtà è una naturale capacità , che evidenzia la sua intelligenza emotiva e rende, nella sua unicità, riconoscibile le sue opere fissando un timbro di appartenenza.
Liliana Russo
mercoledì 26 maggio 2010
META’MORPH OSIS… Distratte astrazioni
foto di LILIANA RUSSO intitolata "Trilogia".
Ali di vetro
soffiato
fendere l’aria pesante
rammentare
la caduca brevità delle cose.
Ali di vetro
fragile cristallo
sentirne il tintinnio del volo
rammentarmi
bruco spaventato
mentre fili di seta
attecchivano
ad un ramo di sole.
Ali di vetro
dipinte da Febo
dono alla prima stagione
custodire
la crisalide vibrante
che era in me
mentre mi nutrivo di speranze
in ogni sorriso di luna nuova.
Nessuna zavorra
a trattenermi qui
Nessuna brezza soave
per sfruttarne la corrente
Ho avuto fiori
come petali di mani
una carezza pura
spogliata
da meschina cattura
di un nuovo cacciatore
di farfalle.
Ho avuto corolle di baci
per suggere amore
libere
da programmata menzogna
per mostruose collezioni di farfalle
mostri di virili dimostrazioni.
Ali di vetro
spuntate
nell’attimo fuggente
amare fino in fondo
il carpe diem
in cui ci catturammo
per rapire il vero volo
e senza saperlo
amasti
il bruco e la crisalide
l'intera metamorfosi.
Fummo noi a plasmare
con mani generose
progresso
di sconosciute possibilità
genetica velleità nascosta
arcano territorio circoscritto
dal ghiacciaio di un dolore.
In ogni frammento
di metamorfosi
ama il bruco solitario
chiuso tra infantili bisogni di seta
… la crisalide
persa in astrazioni amorose
… la farfalla
vibrante di pindarici voli.
Non dimenticare…
le ali son pezzi d'anima
non conoscono fine
né tempo né spazio
nessuna scadenza sulla confezione
solo cautela per non farne
poltiglia d’anima...
sull'imballo di solitudine
che mi ha custodita finora
solo una scritta
"attenzione - maneggiare con cura".
E mentre mi guardi
… rammenta la caducità delle cose
… non dimenticare il bruco spaventato che sei stato
… custodisci la crisalide vibrante che è in te
… impara ad ascoltare il suono di una carezza
… ama fino in fondo l’attimo che fugge
perché è senza ritorno
… sorprenditi nell’intera metamorfosi
… progredisci e sconfiggi le tue cecità
… libera le tue ali contro il tempo, lo spazio e la loro fine
… e ricorda di maneggiare con cura…
ogni tuo mutamento.
Paola Tinchitella @ tutti i diritti riservati
Paola Tinchitella @ tutti i diritti riservati
immagini di getto
aria,
bruco,
crisalide,
evoluzioni,
farfalla,
fragilità,
liliana russo,
metamorfosi,
trilogia
venerdì 21 maggio 2010
IL GIROTONDO DELLA SOLITUDINE
"La solitudine si deve fuggire, si deve fuggire con i compagni si può riuscire, con i compagni si può riuscir…"
così recitava una filastrocca che, ad ogni ricreazione veniva fatta cantare ai bambini dalle insegnanti del mio collegio, non avevo ancora compiuto i 3 anni … Io, stavo in disparte, guardando i miei compagni che saltellavano in cerchio, tenendosi per mano, con dei sorrisi a 42 denti. Si muovevano in tondo cercavano di catturare, di tanto in tanto, in quella umana catena quelli che, come me, timidi e ammutoliti trovavano, quel momento di libertà vigilata, ancor più bello avendo la possibilità di scegliere di trascorrerlo da soli, in balia dei propri pensieri.
Io non ho mai avuto paura della solitudine, anzi l'ho cercata ed amata; l'ho vissuta come dipartita da questo tutto che ci trasmette il nulla; ho desiderato il suo occultato vuoto per riempirlo di tutta me stessa, dei ricordi dolci e amari, delle sensazioni rispolverate, delle certezze distrutte e poi ricostruite, delle gioie intense, dei dolori profondi.
Nella solitudine tutto si rinnova, si modifica, si trasforma…tutto può amplificarsi o ridursi ai minimi termini. La solitudine tutto può: così un dolore passato può diventare ancor più assassino oppure essere sfoltito della sua tridimensionalità e diventare senza peso; così la gioia di un momento può assorbire tanta luce da diventare luminosa fino a rasentare la felicità oppure essere privata della musicalità e diventando muta, perdere maestosità fino a divenire silenziosa pace.
Ma lei è una compagna ingannevole: silenzio tra i denti, risposte mancanti, amarla è aver già perso la partita, sentirne la pace è solo sentire più vicina la morte.
La solitudine è una compagna sleale.
L’abbraccio, provando ad amarla come se non mi avesse mai offesa. La stringo a me, biblicamente ne conosco la carne ed il respiro, fatti di me.
La solitudine è una compagna sleale.
Si immola insostituibile per ogni buionotte da contemplare e poi si perde in una fuga, spergiura il non ritorno al seguito di uno sguardo. Inerpicandosi su colline mentali, illusione di vette ancora vergini, si perde sulle labbra delle stelle.
La solitudine è una compagna sleale.
T’illude che la sorte migliore sia in un mondo che ha dissipato le sue sorti. Ti guarda in silenzio precipitare nelle ombre allungate di una nuova alba, mentre le macerie di una gioia costruiscono distese interminabili, incapaci di mettere a fuoco il punto finito dell’orizzonte lontano.
La solitudine è una compagna sleale.
E’ solo una bestia affamata di domani, mentre si sazia di ieri. Mentre divora l’oggi, mi rammenta di essere Idra dalle troppe teste, nove più qualcuna tanto il tempo mi avanza per contarle.
Mi guarda e mastica ore piene di gioia inghiottita dal silenzio e con la bocca ancora piena, incurante del galateo e del mio disgusto, biascica: “esci”… perché lei è compagna sleale, l’ho già detto, sa bene che se non mi lascio contaminare dalla vita, poi non saprei che farmene di lei. E’ il suo modo di trattenermi a sé, senza sentirne la prigionia. Gode mentre in ginocchio davanti a lei mi lecco le ferite.
Indosso il mio solito trench d’humor, infilo guanti di prosa e poesia per ripararmi dal gelo, porto con me un ombrello di pensieri che ho rubato a qualche filosofo, già da tempo sotterrato, per ripararmi dalla pioggia acida. Esco… esco di scena, sbattendo un’ultima porta.
"La solitudine si deve fuggire, si deve fuggire con i compagni si può riuscire, con i compagni si può riuscir…" i miei tacchi a spillo, inseguendo pozze di pioggia, cantano ritornelli inutili e inzaccherati... poi tutti giù per terra, o sotto non cambia molto.
Paola Tinchitella © tutti i diritti riservati
così recitava una filastrocca che, ad ogni ricreazione veniva fatta cantare ai bambini dalle insegnanti del mio collegio, non avevo ancora compiuto i 3 anni … Io, stavo in disparte, guardando i miei compagni che saltellavano in cerchio, tenendosi per mano, con dei sorrisi a 42 denti. Si muovevano in tondo cercavano di catturare, di tanto in tanto, in quella umana catena quelli che, come me, timidi e ammutoliti trovavano, quel momento di libertà vigilata, ancor più bello avendo la possibilità di scegliere di trascorrerlo da soli, in balia dei propri pensieri.
Io non ho mai avuto paura della solitudine, anzi l'ho cercata ed amata; l'ho vissuta come dipartita da questo tutto che ci trasmette il nulla; ho desiderato il suo occultato vuoto per riempirlo di tutta me stessa, dei ricordi dolci e amari, delle sensazioni rispolverate, delle certezze distrutte e poi ricostruite, delle gioie intense, dei dolori profondi.
Nella solitudine tutto si rinnova, si modifica, si trasforma…tutto può amplificarsi o ridursi ai minimi termini. La solitudine tutto può: così un dolore passato può diventare ancor più assassino oppure essere sfoltito della sua tridimensionalità e diventare senza peso; così la gioia di un momento può assorbire tanta luce da diventare luminosa fino a rasentare la felicità oppure essere privata della musicalità e diventando muta, perdere maestosità fino a divenire silenziosa pace.
Ma lei è una compagna ingannevole: silenzio tra i denti, risposte mancanti, amarla è aver già perso la partita, sentirne la pace è solo sentire più vicina la morte.
La solitudine è una compagna sleale.
L’abbraccio, provando ad amarla come se non mi avesse mai offesa. La stringo a me, biblicamente ne conosco la carne ed il respiro, fatti di me.
La solitudine è una compagna sleale.
Si immola insostituibile per ogni buionotte da contemplare e poi si perde in una fuga, spergiura il non ritorno al seguito di uno sguardo. Inerpicandosi su colline mentali, illusione di vette ancora vergini, si perde sulle labbra delle stelle.
La solitudine è una compagna sleale.
T’illude che la sorte migliore sia in un mondo che ha dissipato le sue sorti. Ti guarda in silenzio precipitare nelle ombre allungate di una nuova alba, mentre le macerie di una gioia costruiscono distese interminabili, incapaci di mettere a fuoco il punto finito dell’orizzonte lontano.
La solitudine è una compagna sleale.
E’ solo una bestia affamata di domani, mentre si sazia di ieri. Mentre divora l’oggi, mi rammenta di essere Idra dalle troppe teste, nove più qualcuna tanto il tempo mi avanza per contarle.
Mi guarda e mastica ore piene di gioia inghiottita dal silenzio e con la bocca ancora piena, incurante del galateo e del mio disgusto, biascica: “esci”… perché lei è compagna sleale, l’ho già detto, sa bene che se non mi lascio contaminare dalla vita, poi non saprei che farmene di lei. E’ il suo modo di trattenermi a sé, senza sentirne la prigionia. Gode mentre in ginocchio davanti a lei mi lecco le ferite.
Indosso il mio solito trench d’humor, infilo guanti di prosa e poesia per ripararmi dal gelo, porto con me un ombrello di pensieri che ho rubato a qualche filosofo, già da tempo sotterrato, per ripararmi dalla pioggia acida. Esco… esco di scena, sbattendo un’ultima porta.
"La solitudine si deve fuggire, si deve fuggire con i compagni si può riuscire, con i compagni si può riuscir…" i miei tacchi a spillo, inseguendo pozze di pioggia, cantano ritornelli inutili e inzaccherati... poi tutti giù per terra, o sotto non cambia molto.
Paola Tinchitella © tutti i diritti riservati
domenica 16 maggio 2010
Non c’è dolo che dolga
Girovaga tra condizionali
viali alberati di smentite
come foglie a terra cadute
le mie ri-promesse
sconfessate
Divieti falsificati
sugli indirizzi del mondo
indicazioni fuorvianti
per strade cul de sac
negarmi l'evidenza
Navigatori distratti
costrutti di parole
allontanano l’arrivo
dietro le spalle confuse
false partenze
labirinti di lamiere
pentite e contorte
pensieri distanti
sfiancati e assonnati
da peripli incostanti
linee razionali spezzate…
sull’ultimo pensiero
“mipiegomanonmispezzo”
dettame di ratio.
Girare intorno a spirali
che ci hanno già ingoiati
sottolineare marcature di negativi
immagini “non”, “né”, “no”, “mai”
patrocini a scatti
di momenti inesistenti
padroni spadroneggiati
da fragilità istintive
Minuscoli ormai i dissensi
lillipuziani infaticabili a costruire
invisibili barriere trasparenti
su desideri cristallini cristallizzati
il mutevole fragore muto
di colpi ben assestati nel punto di frattura
di astrazioni fragili
lo sguardo tagliente a bucar la pelle
brame involontarie
di pulsare taciuto…
non c’è dolo che dolga
fuochi divampano sulla pelle
non c’è dolo che tolga
ammissioni di fragilità
detonano in profusioni di carezze
le congetture edificate in mille giorni
rase al suolo
reclamano nel caos
segnaletiche per proibizioni
smarriscono in bisbetiche ore già domate
Ti ritrovo qui
Tra scalate di notturni preterintenzionali
Ti incontro qui
Su innocente precipizio di mani
Ti ascolto su epidermico piacere
dopo aver viaggiato tanto sottocoperta
sotto coltri di ieri appesantiti
da oggi indecisi
… paranoie di posti di blocco…
solo veli per te
filtrarne con uno sguardo le resistenze
le mie lotte partigiane contro le ombre
cadute già sul campo
Incoerenze a viaggiare in incognita
su apparenti coordinate coerenti
disordinano le ordinate
asfissiano le ascisse
nel silenzio geme
l’ambizione allo zero
ombelico del nulla
abdica infilzato da umori ventosi
sprezzanti di spartivento
i tuoi occhi
ad un brivido dalla mia pelle
potenza del tuo risveglio
dentro me
la mia resurrezione
conosce te.
Paola Tinchitella © tutti i diritti riservati
viali alberati di smentite
come foglie a terra cadute
le mie ri-promesse
sconfessate
Divieti falsificati
sugli indirizzi del mondo
indicazioni fuorvianti
per strade cul de sac
negarmi l'evidenza
Navigatori distratti
costrutti di parole
allontanano l’arrivo
dietro le spalle confuse
false partenze
labirinti di lamiere
pentite e contorte
pensieri distanti
sfiancati e assonnati
da peripli incostanti
linee razionali spezzate…
sull’ultimo pensiero
“mipiegomanonmispezzo”
dettame di ratio.
Girare intorno a spirali
che ci hanno già ingoiati
sottolineare marcature di negativi
immagini “non”, “né”, “no”, “mai”
patrocini a scatti
di momenti inesistenti
padroni spadroneggiati
da fragilità istintive
Minuscoli ormai i dissensi
lillipuziani infaticabili a costruire
invisibili barriere trasparenti
su desideri cristallini cristallizzati
il mutevole fragore muto
di colpi ben assestati nel punto di frattura
di astrazioni fragili
lo sguardo tagliente a bucar la pelle
brame involontarie
di pulsare taciuto…
non c’è dolo che dolga
fuochi divampano sulla pelle
non c’è dolo che tolga
ammissioni di fragilità
detonano in profusioni di carezze
le congetture edificate in mille giorni
rase al suolo
reclamano nel caos
segnaletiche per proibizioni
smarriscono in bisbetiche ore già domate
Ti ritrovo qui
Tra scalate di notturni preterintenzionali
Ti incontro qui
Su innocente precipizio di mani
Ti ascolto su epidermico piacere
dopo aver viaggiato tanto sottocoperta
sotto coltri di ieri appesantiti
da oggi indecisi
… paranoie di posti di blocco…
solo veli per te
filtrarne con uno sguardo le resistenze
le mie lotte partigiane contro le ombre
cadute già sul campo
Incoerenze a viaggiare in incognita
su apparenti coordinate coerenti
disordinano le ordinate
asfissiano le ascisse
nel silenzio geme
l’ambizione allo zero
ombelico del nulla
abdica infilzato da umori ventosi
sprezzanti di spartivento
i tuoi occhi
ad un brivido dalla mia pelle
potenza del tuo risveglio
dentro me
la mia resurrezione
conosce te.
Paola Tinchitella © tutti i diritti riservati
domenica 18 aprile 2010
ECOGRAFIA DEL MENTRE
L’universo in molecole
amniocentesi di flussi sul nascere
per diagnosi di normalità
ricerca d’informazione genica
sul carattere ereditario
di desideri appena accoppiati.
Nasco nell’universo
in gabbia…
la mia
ne vedo spuntare
moto perpetuo di soggezione
alternata
ne ascolto
fragori di precipitazioni
in quei vuoti di stomaco
che non basta un solo cuore
a riempirli
ne annuso geyser bollenti
in eruzioni periodiche
di risate
su labbra già abdicanti
deposte dalla malinconia
ne mastico i silenzi
a sfumare
su musiche animali
autodidatte
studi di rituale quiete
anticipi di tempesta
Ecografia
di moti interiori
da luogo a luogo
sempre lo stesso
indifferenza
di stati in luogo
Alti e bassi
senza tregua
ma se la verità è sempre nel mezzo
… non saprò mai
Sali e scendi
senza fine
la mia musica
ma se un volo di note
può ripetersi all’infinito
non conoscerò ritorno
a capo… a terra.
Ecografia
di un istante fuggevole
che ti spalanca
la porta della gabbia
è la lunga cattività
ad anchilosare le ali
serrate di umori ossimori
alzano nuove sbarre
accaio fuso ingloba velleità
scompaiono nella frenata
degli istinti
libertà nasciture
Mobili istigazioni
al carpe diem
disegnano mostri nel cielo
il vento che le spinge
soffia ormai solo dentro me
al centro di quell’ombra
scelta come recinto
in cui convivere con le altre me
affezionarsi alla reclusione
convincersi che
un tatuaggio nella mente
è sufficiente a conservare la memoria
di quel che potrebbe essere
ma ormai si è arreso
è già ora dell’ennesimo tramonto
è già ora dell’ennesima ritirata
embrioni vibranti
si estinguono
in amnios di turbamenti avvelenati
la vita dentro
non è mai
la vita fuori
Paola Tinchitella @ tutti i diritti riservati
amniocentesi di flussi sul nascere
per diagnosi di normalità
ricerca d’informazione genica
sul carattere ereditario
di desideri appena accoppiati.
Nasco nell’universo
in gabbia…
la mia
ne vedo spuntare
moto perpetuo di soggezione
alternata
ne ascolto
fragori di precipitazioni
in quei vuoti di stomaco
che non basta un solo cuore
a riempirli
ne annuso geyser bollenti
in eruzioni periodiche
di risate
su labbra già abdicanti
deposte dalla malinconia
ne mastico i silenzi
a sfumare
su musiche animali
autodidatte
studi di rituale quiete
anticipi di tempesta
Ecografia
di moti interiori
da luogo a luogo
sempre lo stesso
indifferenza
di stati in luogo
Alti e bassi
senza tregua
ma se la verità è sempre nel mezzo
… non saprò mai
Sali e scendi
senza fine
la mia musica
ma se un volo di note
può ripetersi all’infinito
non conoscerò ritorno
a capo… a terra.
Ecografia
di un istante fuggevole
che ti spalanca
la porta della gabbia
è la lunga cattività
ad anchilosare le ali
serrate di umori ossimori
alzano nuove sbarre
accaio fuso ingloba velleità
scompaiono nella frenata
degli istinti
libertà nasciture
Mobili istigazioni
al carpe diem
disegnano mostri nel cielo
il vento che le spinge
soffia ormai solo dentro me
al centro di quell’ombra
scelta come recinto
in cui convivere con le altre me
affezionarsi alla reclusione
convincersi che
un tatuaggio nella mente
è sufficiente a conservare la memoria
di quel che potrebbe essere
ma ormai si è arreso
è già ora dell’ennesimo tramonto
è già ora dell’ennesima ritirata
embrioni vibranti
si estinguono
in amnios di turbamenti avvelenati
la vita dentro
non è mai
la vita fuori
Paola Tinchitella @ tutti i diritti riservati
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