lunedì 23 ottobre 2017

L'inganno delle stagioni

"Superbo questo Autunno che crede di potersi sostituire a tutte le stagioni e falso e borioso indossa maschere d'Inverno. Spremuta di profumi passati per ogni goccia di pioggia calpestata dai miei passi veloci. Odore di banchi e di cancelleria, di sapone di marsiglia nelle tasche, di panni stesi sulle sedie davanti alle stufette accese, di pasta fresca e del sugo della domenica, di frutta e verdura sui banchi del mercato e sopra tutto il tuo profumo che ci accompagnava a scuola.
Suoni della tua voce impegnata in canti popolari e le mani a sfregare i panni alla fontana, l'acqua che scorreva, il bollire della pentola perennemente sul fuoco per i pranzi e le cene di una famiglia numerosa. Le tue risate semplici.
I sapori di primizie che sapevi inventare per nutrirci con le poche vettovaglie offerte dalla miseria.
Lo sforzo innaturale dei tuoi occhi di conoscere i colori delle stagioni oltre la tua vista, senza odiarne il divieto. La tua ironia sulla sorte.
In fila indiana si muovono i ricordi mi sembra di poterli toccare ad uno ad uno. Come se ieri fosse oggi e si potesse replicare per tutti i giorni della vita.

Ed ora che non hai più stagioni guarda alla corsa delle mie e a questo cuore scucito dal tuo ultimo sguardo, dal tuo ultimo respiro... tienimi per mano e sciogli i giorni, le ore, i minuti, i secondi muti inchiodati all'orologio quando mi è duro accettare la tua assenza.
Abita qui, madre, resisti nel cordone ombelicale dei miei momenti con te... solo così il silenzio delle parole che non potrò più dirti non mi ucciderà."



Paola Tinchitella






 



domenica 1 maggio 2011

σφυξία

Sorriso/ il tuo

nomade

conduce tra pascoli di distanze

branchi di me

già dispersi tra canyons

aperti tra muscoli.

Le parole/ le mie

essiccate

su alberi di mesi

avi gli anni

avidi

di ore,  minuti, secondi.

Nella paura/la nostra

digiuna d'odiare

affamata d'amare

imbottigliata in strettoie

di quel non rimembrare

dimenticando di esserne incapaci.

Un tempo/uno di quattroquarti

resta per concedersi all'amare

come fosse naturale

non aver mai smesso di farlo

o di pensarlo

per 4/4

per l'intero.

La natura/ umana

a chiudersi

in una vertigine convertita

dal riflesso d'uno specchio

la cui eco ride

rimbalzando tra cunette di pori.

Sguardo/il nostro

homeless

senza mostri alle spalle

evirato il tremore passeggero

da un ciao viaggiatore

genuflesso.

Notte incuneata

tra albe distanti

senza dimore nei calendari

asfissia di date

da segnare o depennare

pre, post... inesistenti

... σφυξία

su distacchi necessari

battito di polso

a segnar la quiete rinvenuta.

Paola Tinchitella © tutti i diritti riservati

sabato 19 marzo 2011

Medaglia d'argento alla scrittrice Paola Tinchitella, alla D.ssa Liliana Russo e alla giornalista Nadia D'Amato

Scritto da Elisa Montagno
Venerdì 04 Febbraio 2011 07:34


Liliana Russo, Paola Tinchitella e Nadia D’Amato Insignite della “Medaglia D’argento” della Provincia Regionale di Ragusa. L’impegno, la solidarietà a sostegno della tutela e la valorizzazione dei beni pubblici, artistici, culturali e della comunicazione rappresentano la forza di un territorio. Liliana Russo (italo- venezuelana), cittadina vittoriese, artista eclettica laureata in decorazione, curatore di eventi culturali; la scrittrice romana Paola Tinchitella, e Nadia D’Amato, giornalista professionista vittoriese, sono state insignite della “Medaglia d’Argento” della Provincia Regionale di Ragusa per l’impegno a favore del sostegno della comunicazione e la tutela e valorizzazione dei beni pubblici nonché del patrimonio artistico -culturale. La Provincia e in particolare il Consigliere Salvatore Mandarà, presidente della 5° commissione allo sviluppo economico e Fare Ambiente, hanno riconosciuto il loro impegno nel progettare strumenti di comunicazione per la promozione e la fruizione del patrimonio artistico e culturale nel territorio locale ed internazionale offrendo i necessari supporti, come il rilievo grafico e fotografico, sia alla documentazione finalizzata alla ricerca sia a quella destinata alla valorizzazione. Gli scambi culturali sono quindi diventati un modo per valorizzare la nostra terra. Come nel caso delle tappe ragusane della scrittrice Paola Tinchitella, presente nel più volte nel territorio ibleo per la presentazione del suo libro “Apnea”. L’opera, un “romanzo-non romanzo”, come lo ha definito la stessa autrice, è stato presentato a Vittoria nei locali del Teatro Comunale, alla sala conferenze “San Giuseppe artigiano” di Ragusa e alle detenute del carcere di Ragusa. Per la scrittrice romana è il secondo evento di questo genere. Poco prima, infatti, aveva incontrato anche le lettrici della Casa Circondariale di Rebibbia. Gli eventi, dal titolo “Un viaggio nell’anima” ed “Il silenzio spezzato”, sono stati organizzati da Liliana Russo in collaborazione con il gruppo “Albatros”. In provincia i dialoghi fra la scrittrice e Liliana Russo e fra la scrittrice ed i partecipanti sono stati condotti e moderati da Nadia D’Amato. Durante tutte le tappe la scrittrice ha quindi conosciuto il nostro territorio, traendo ispirazione per nuove opere. Ogni viaggio, infatti, è fonte di ispirazioni ed idee per gli scrittori. E chissà che il prossimo romanzo della Tinchitella non possa essere ambientato nella nostra provincia, invece che in Spagna.

Elisa Montagno
Notizie sulla scrittrice romana Paola Tinchitella

“Il suo primo romanzo scritto con anima, cuore testa e quell’immancabile energia avvolta di flussi di emozioni che provengono dalla pancia, narrazione di parole ed immagini, poesia in prosa, che immergono in un mare di emozioni”. Queste sono le parole di Liliana Russo che ha presentato il libro dell’autrice romana nel suo itinerario ragusano. «Apnea», romanzo-non romanzo è ambientato in Spagna, raccontato dall’io di Isabel, la sua protagonista, ha riscosso un discreto successo alle presentazioni presso Rinascita, Caffè Letterario, Libreria Liberamente a Roma e al Castello Caldoresco a Vasto nella straordinaria cornice di Punta Penna. Infine giunge nel teatro Vittoria Colonna in provincia di Ragusa e la Sala Conferenze “San Giuseppe Artigiano” di Ragusa dove “Apnea” diventa protagonista di due eventi “Un Viaggio nell’Anima” ed ”Il Silenzio Spezzato” realizzati con la collaborazione del gruppo ”ALBATROS” e organizzati da Liliana Russo, che ha curato anche i dialoghi con la scrittrice. In questa sede, Paola Tinchitella partecipa anche al convegno intitolato “L’ambizione del Burattino”, dal racconto omonimo dell’autrice, che prende spunto dallo studio svolto su “Il social network rischi e vantaggi”, al fianco della D.ssa Liliana Russo. Per l’impegno a favore e sostegno della Comunicazione, della Cultura e dell’ Arte viene insignita della medaglia d’argento dalla Provincia Regionale di Ragusa. Incontra le lettrici della Casa Circondariale di Rebibbia e del carcere di Ragusa. Con Apnea si classifica al quinto posto Premio Internazionale di Libri «Il Saggio» e riceve una menzione nell’ambito del Premio AlberoAndronico. E’ stata inserita nell’Antologia del premio e nella blasonata Enciclopedia degli Autori Italiani. Approda in Mexico alla fiera internazionale del libro di Guadalajara (28 novembre al 6 dicembre 2009) e alla fiera di Torino assieme ad Intermezzo Criptato (decodificando il femminile in versi) una silloge che raccoglie sessantanove brani di poesia pubblicato a Maggio del 2010.
La recensione di Liliana Russo ad “Apnea”, l’opera prima dell’autrice presentata nella provincia di Ragusa durante gli eventi un “Viaggio nell’anima”e il “Silenzio spezzato”.

“LUCE DELLA RIBALTA”
NEI MEANDRI DELL’INCONSCIO di “ISABEL”

"Mare d'inverno... così arruffato, agitato, confuso come questa mia testa stanca di pensare, come questo mio cuore alla deriva, come questo mio corpo affogato dal desiderio di essere sfiorato da chi sapientemente lo sa amare"

Apnea, romanzo-non-romanzo, si rivela il grande dono che l’autrice, attraverso la magia della sua scrittura , mette a disposizione dei lettori utilizzando la comunicazione con uno stile che scopre la sua combinazione nel coraggio di varcare la soglia per ricercare naturali corrispondenze. L’autrice, facendoci incontrare i pensieri disordinati e disorientati di Isabel, la protagonista, attraverso le immersioni frequenti nelle profondità della sua anima, traccia sulle pagine bianche, una ricchezza di linguaggi , espressione delle sue emozioni, attraverso cui trasmette i diversi modi del proprio sentire. Si tratta di percezioni arricchite dei contenuti di quanto, dall’esterno e dall’interno, dalla diversità e dalla similitudine, dall’uno e dal molteplice, la scrittrice ha colto, segnando un attimo presente, diventato appena passato, ma con future proiezioni che portano con sé i mutamenti e le mutazioni. Il contenuto letterario dei percorsi della vita, nelle pagine di “Apnea”, possiede l’intraprendenza di sfidare il lettore a compiere un’immersione nella profondità dell’io, per entrare in simbiosi con la protagonista e con grande stupore ci si ritrova catapultati nel ruolo di personaggio in un palcoscenico teatrale che apre il sipario su rappresentazioni proprie della nostra anima. Così ciascun lettore può compiere un viaggio nel proprio passato vissuto attraverso cui scoprire la possibilità di mettere a confronto, nel presente, gli eterni dualismi di cui la vita è caratterizzata. Il lettore, entrando in simbiosi con il personaggio- protagonista viene indotto a soffermarsi su alcune riflessioni che lo portano ad interrogarsi sul suo voler “essere” e sul suo voler “ avere”, sottolineando il ciò che si “è” ed il ciò che si “ha”. E, dopo un’attenta e profonda analisi, egli raccoglie forze e coraggio per tentare la risalita della propria esistenza, iniziando ad affrontare quel mondo perbenistico al quale, egli stesso, ha permesso di confezionare regole e convinzioni per convivenze in “gabbie invisibili” in conflitto con l’idea di libertà dello spirito, in senso lato.Viaggiando insieme ad Isabel, tu, lettore, trascinato nell’immersione dell’anima, scopri che è avvenuto un colpo di scena inaspettato: la tua vita si impadronirà di un tempo scandito non più da lancette spinte da un battito meccanico, ma dal ritmo dei battiti di un cuore in grado di ricondurre la ragione sui sentieri del proprio istinto. Un “istinto” nel suo divenire, quindi ormai consapevole di essere divenuto liberatore e conquistatore dei propri sensi, che sono la caratteristica dell’essenza dell’essere e scontrandosi con quella “condanna vestita di dono”, denominata libero arbitrio, potrai scoprire la successiva ed ultima essenza: lo spirito, origine della nostra vita e sigillo dei misteri che conducono l’anima, ormai cosciente dell’oltre, verso l’oltretutto. Il linguaggio, se pur contemporaneo, compie un eccezionale superamento del suo limite linguistico, adattandosi a sfumature libere da regole convenzionali, per essere immerso in un panorama “universale” finalizzato alla lettura della creatività emozionale. Questa caratteristica espressiva dell’autrice sembrerebbe una sperimentazione, ma in realtà è una naturale capacità , che evidenzia la sua intelligenza emotiva e rende, nella sua unicità, riconoscibile le sue opere fissando un timbro di appartenenza.

Liliana Russo

mercoledì 26 maggio 2010

META’MORPH OSIS… Distratte astrazioni


foto di LILIANA RUSSO intitolata "Trilogia".








Ali di vetro

soffiato

fendere l’aria pesante

rammentare

la caduca brevità delle cose.

Ali di vetro

fragile cristallo

sentirne il tintinnio del volo

rammentarmi

bruco spaventato

mentre fili di seta

attecchivano

ad un ramo di sole.

Ali di vetro

dipinte da Febo

dono alla prima stagione

custodire

la crisalide vibrante

che era in me

mentre mi nutrivo di speranze

in ogni sorriso di luna nuova.

Nessuna zavorra

a trattenermi qui

Nessuna brezza soave

per sfruttarne la corrente

Ho avuto fiori

come petali di mani

una carezza pura

spogliata

da meschina cattura

di un nuovo cacciatore

di farfalle.

Ho avuto corolle di baci

per suggere amore

libere

da programmata menzogna

per mostruose collezioni di farfalle

mostri di virili dimostrazioni.

Ali di vetro

spuntate

nell’attimo fuggente

amare fino in fondo

il carpe diem

in cui ci catturammo

per rapire il vero volo

e senza saperlo

amasti

il bruco e la crisalide

l'intera metamorfosi.

Fummo noi a plasmare

con mani generose

progresso

di sconosciute possibilità

genetica velleità nascosta

arcano territorio circoscritto

dal ghiacciaio di un dolore.

In ogni frammento

di metamorfosi

ama il bruco solitario

chiuso tra infantili bisogni di seta

… la crisalide

persa in astrazioni amorose

… la farfalla

vibrante di pindarici voli.

Non dimenticare…

le ali son pezzi d'anima

non conoscono fine

né tempo né spazio

nessuna scadenza sulla confezione

solo cautela per non farne

poltiglia d’anima...

sull'imballo di solitudine

che mi ha custodita finora

solo una scritta

"attenzione - maneggiare con cura".

E mentre mi guardi

… rammenta la caducità delle cose

… non dimenticare il bruco spaventato che sei stato

… custodisci la crisalide vibrante che è in te

… impara ad ascoltare il suono di una carezza

… ama fino in fondo l’attimo che fugge

perché è senza ritorno

… sorprenditi nell’intera metamorfosi

… progredisci e sconfiggi le tue cecità

… libera le tue ali contro il tempo, lo spazio e la loro fine

… e ricorda di maneggiare con cura…

ogni tuo mutamento.

Paola Tinchitella @ tutti i diritti riservati


Paola Tinchitella @ tutti i diritti riservati

venerdì 21 maggio 2010

IL GIROTONDO DELLA SOLITUDINE

"La solitudine si deve fuggire, si deve fuggire con i compagni si può riuscire, con i compagni si può riuscir…"
così recitava una filastrocca che, ad ogni ricreazione veniva fatta cantare ai bambini dalle insegnanti del mio collegio, non avevo ancora compiuto i 3 anni … Io, stavo in disparte, guardando i miei compagni che saltellavano in cerchio, tenendosi per mano, con dei sorrisi a 42 denti. Si muovevano in tondo cercavano di catturare, di tanto in tanto, in quella umana catena quelli che, come me, timidi e ammutoliti trovavano, quel momento di libertà vigilata, ancor più bello avendo la possibilità di scegliere di trascorrerlo da soli, in balia dei propri pensieri.
Io non ho mai avuto paura della solitudine, anzi l'ho cercata ed amata; l'ho vissuta come dipartita da questo tutto che ci trasmette il nulla; ho desiderato il suo occultato vuoto per riempirlo di tutta me stessa, dei ricordi dolci e amari, delle sensazioni rispolverate, delle certezze distrutte e poi ricostruite, delle gioie intense, dei dolori profondi.
Nella solitudine tutto si rinnova, si modifica, si trasforma…tutto può amplificarsi o ridursi ai minimi termini. La solitudine tutto può: così un dolore passato può diventare ancor più assassino oppure essere sfoltito della sua tridimensionalità e diventare senza peso; così la gioia di un momento può assorbire tanta luce da diventare luminosa fino a rasentare la felicità oppure essere privata della musicalità e diventando muta, perdere maestosità fino a divenire silenziosa pace.
Ma lei è una compagna ingannevole: silenzio tra i denti, risposte mancanti, amarla è aver già perso la partita, sentirne la pace è solo sentire più vicina la morte.

La solitudine è una compagna sleale.
L’abbraccio, provando ad amarla come se non mi avesse mai offesa. La stringo a me, biblicamente ne conosco la carne ed il respiro, fatti di me.
La solitudine è una compagna sleale.
Si immola insostituibile per ogni buionotte da contemplare e poi si perde in una fuga, spergiura il non ritorno al seguito di uno sguardo. Inerpicandosi su colline mentali, illusione di vette ancora vergini, si perde sulle labbra delle stelle.
La solitudine è una compagna sleale.
T’illude che la sorte migliore sia in un mondo che ha dissipato le sue sorti. Ti guarda in silenzio precipitare nelle ombre allungate di una nuova alba, mentre le macerie di una gioia costruiscono distese interminabili, incapaci di mettere a fuoco il punto finito dell’orizzonte lontano.
La solitudine è una compagna sleale.
E’ solo una bestia affamata di domani, mentre si sazia di ieri. Mentre divora l’oggi, mi rammenta di essere Idra dalle troppe teste, nove più qualcuna tanto il tempo mi avanza per contarle.
Mi guarda e mastica ore piene di gioia inghiottita dal silenzio e con la bocca ancora piena, incurante del galateo e del mio disgusto, biascica: “esci”… perché lei è compagna sleale, l’ho già detto, sa bene che se non mi lascio contaminare dalla vita, poi non saprei che farmene di lei. E’ il suo modo di trattenermi a sé, senza sentirne la prigionia. Gode mentre in ginocchio davanti a lei mi lecco le ferite.

Indosso il mio solito trench d’humor, infilo guanti di prosa e poesia per ripararmi dal gelo, porto con me un ombrello di pensieri che ho rubato a qualche filosofo, già da tempo sotterrato, per ripararmi dalla pioggia acida. Esco… esco di scena, sbattendo un’ultima porta.
"La solitudine si deve fuggire, si deve fuggire con i compagni si può riuscire, con i compagni si può riuscir…" i miei tacchi a spillo, inseguendo pozze di pioggia, cantano ritornelli inutili e inzaccherati... poi tutti giù per terra, o sotto non cambia molto.

Paola Tinchitella © tutti i diritti riservati

domenica 16 maggio 2010

Non c’è dolo che dolga

Girovaga tra condizionali
viali alberati di smentite
come foglie a terra cadute
le mie ri-promesse
sconfessate

Divieti falsificati
sugli indirizzi del mondo
indicazioni fuorvianti
per strade cul de sac
negarmi l'evidenza

Navigatori distratti
costrutti di parole
allontanano l’arrivo
dietro le spalle confuse
false partenze
labirinti di lamiere
pentite e contorte
pensieri distanti
sfiancati e assonnati
da peripli incostanti
linee razionali spezzate…
sull’ultimo pensiero
“mipiegomanonmispezzo”
dettame di ratio.

Girare intorno a spirali
che ci hanno già ingoiati
sottolineare marcature di negativi
immagini “non”, “né”, “no”, “mai”
patrocini a scatti
di momenti inesistenti
padroni spadroneggiati
da fragilità istintive

Minuscoli ormai i dissensi
lillipuziani infaticabili a costruire
invisibili barriere trasparenti
su desideri cristallini cristallizzati
il mutevole fragore muto
di colpi ben assestati nel punto di frattura
di astrazioni fragili
lo sguardo tagliente a bucar la pelle
brame involontarie
di pulsare taciuto…

non c’è dolo che dolga
fuochi divampano sulla pelle
non c’è dolo che tolga
ammissioni di fragilità
detonano in profusioni di carezze
le congetture edificate in mille giorni
rase al suolo
reclamano nel caos
segnaletiche per proibizioni
smarriscono in bisbetiche ore già domate

Ti ritrovo qui
Tra scalate di notturni preterintenzionali
Ti incontro qui
Su innocente precipizio di mani
Ti ascolto su epidermico piacere
dopo aver viaggiato tanto sottocoperta
sotto coltri di ieri appesantiti
da oggi indecisi
… paranoie di posti di blocco…
solo veli per te
filtrarne con uno sguardo le resistenze
le mie lotte partigiane contro le ombre
cadute già sul campo

Incoerenze a viaggiare in incognita
su apparenti coordinate coerenti
disordinano le ordinate
asfissiano le ascisse
nel silenzio geme
l’ambizione allo zero
ombelico del nulla
abdica infilzato da umori ventosi
sprezzanti di spartivento
i tuoi occhi
ad un brivido dalla mia pelle
potenza del tuo risveglio
dentro me
la mia resurrezione
conosce te.


Paola Tinchitella © tutti i diritti riservati

domenica 18 aprile 2010

ECOGRAFIA DEL MENTRE

L’universo in molecole
amniocentesi di flussi sul nascere
per diagnosi di normalità
ricerca d’informazione genica
sul carattere ereditario
di desideri appena accoppiati.

Nasco nell’universo
in gabbia…
la mia

ne vedo spuntare
moto perpetuo di soggezione
alternata

ne ascolto
fragori di precipitazioni
in quei vuoti di stomaco
che non basta un solo cuore
a riempirli

ne annuso geyser bollenti
in eruzioni periodiche
di risate
su labbra già abdicanti
deposte dalla malinconia

ne mastico i silenzi
a sfumare
su musiche animali
autodidatte
studi di rituale quiete
anticipi di tempesta

Ecografia
di moti interiori
da luogo a luogo
sempre lo stesso
indifferenza
di stati in luogo
Alti e bassi
senza tregua
ma se la verità è sempre nel mezzo
… non saprò mai
Sali e scendi
senza fine
la mia musica
ma se un volo di note
può ripetersi all’infinito
non conoscerò ritorno
a capo… a terra.

Ecografia
di un istante fuggevole
che ti spalanca
la porta della gabbia
è la lunga cattività
ad anchilosare le ali
serrate di umori ossimori
alzano nuove sbarre
accaio fuso ingloba velleità
scompaiono nella frenata
degli istinti
libertà nasciture

Mobili istigazioni
al carpe diem
disegnano mostri nel cielo
il vento che le spinge
soffia ormai solo dentro me
al centro di quell’ombra
scelta come recinto
in cui convivere con le altre me

affezionarsi alla reclusione
convincersi che
un tatuaggio nella mente
è sufficiente a conservare la memoria
di quel che potrebbe essere
ma ormai si è arreso

è già ora dell’ennesimo tramonto
è già ora dell’ennesima ritirata
embrioni vibranti
si estinguono
in amnios di turbamenti avvelenati

la vita dentro
non è mai
la vita fuori


Paola Tinchitella @ tutti i diritti riservati