mercoledì 5 settembre 2007

Il caos dentro...


"Una testa sola è davvero insufficiente, c'è poco spazio là dentro e troppa confusione... A molta gente serve solo da supporto al viso o per far crescere i capelli.
Persino le lambrette hanno ruota di scorta, perchè non potrebbe essere così anche per la testa? Una di rappresentanza ed una che funzioni davvero..."


Leggendo Anima Mundi ne rimasi colpita.... ma da qualche giorno mi è tornato in mente questo stralcio... anch'io avrei bisogno di una testa di ricambio, e forse anche di un cuore di riserva e di un corpo diverso da questo...
Ho il caos in ogni cellula del mio essere... non so più se sono capace di scegliere per me o se mi servirebbe un tutore come per gli interdetti.
Qualcuno mi guarda e mi dice che non riesce a capire come una come me, che potrebbe avere il mondo ai piedi, pretendere, gestire, decidere... possa rifiutare capacità ed essenza ed amare così tanto di vagare nel caos, nell'incertezza, nell'inquietudine...
Qualcuno mi appella "bella e dannata"... forse più dannata e inconcludente, di questo ho coscienza, della bellezza che posso dire? Ho sempre pensato che fosse soggettiva e non oggettiva, quindi è solo un supplemento, ma se ne può fare a meno.
Quello che il mondo fuori non riesce a comprendere è che sono fatta di carne, ma soprattutto di pensiero, mi sento più un'idea che non un essere... e le idee sono in continuo divenire, se così non fosse il mondo subirebbe un arresto! Il divenire è qualcosa in movimento, il movimento se non è sincronizzato provoca caos... quindi la conseguenza logica di questo concetto illogico è che: il caos mi appartiene.
Quello che il mondo fuori non sa è che un'idea non si può accarezzare, non si può circuire se non con un'altra idea... il lui che sogno è un'idea da cui mi lascio lambire la mente: se la prima volta che ci incontreremo proverà a sfiorare la mia pelle non accadrà nulla… sarà il suo pensiero a dover penetrare la mia mente.

Non cogliere l’attimo…per me è un modus vivendi ed oggi resta per me un punto fermo... diciamo che mi astengo.
Non colgo l'attimo, lo colgo solo se è un attimo speciale, intriso di pensiero, condito di pensiero, se la mia testa ha preso il volo... tutto il mio essere è capace di volare!!!

5 commenti:

Anonimo ha detto...

Spegnersi per non crescere,accecarsi per non vedere. Scavare nel passto per non rischiare il futuro.Non avvicinarsi per paura dell'intimità.Inventarsi nemici per non accettare la propria fragilità.Abbandonare gli altri per paura di essere abbandonato.Schiacciare la propria "disabilità",disperatamente cercando il tepore di essere e di stare al mondo,nell'unico modo in cui esso non sarà mai trovato: da sola. Infante mai nata per timore della luce!
E' triste.

isabel ha detto...

Infante? Oh può darsi, non voglio smarrire la mia parte bambina... perchè nella mia parte infantile c'è coraggio, c'è il coraggio, forse un po' spavaldo, di guardarsi dentro senza giudicarsi ma mettendosi a nudo, con tutte le debolezze, davanti al mondo! Ma come definiresti uno come te che si serve dell'anonimato per scrivere... e sai bene, che nella tua rabbia ho potuto riconoscerti!
Saluti anonimo!

Anonimo ha detto...

BELLISSIMO...NON SMETTERE MAI DI SCRIVERE!!!
HOMBRELO

Anonimo ha detto...

E' una ferita che non si rimargina; forse per questo chi, per qualunque o nessuna ragione, provi a misurarsi con essa si accorge dell’estensione. E’ uno sbraco di lenzuolo, che si estende e contrae, diviene, scompare alla vista, si apre in altro luogo. Lascia i piedi freddi, il cuore sudato; e il contrario.
Avviene. Dal latino “ad” “venìre”. Appunto, “venire a”: come se raggiungesse, senza essere cercato, e nonostante tutto.
E’ il caos. Il caos: dal greco chaos, ovvero “fenditura”, anticamente “fesso” (straordinario come in siciliano il genere femminile di questo termine indichi la vagina). Insomma, un luogo-non luogo, che costringe l’attraversamento: entrare, uscire, aprire, chiudere, …in un altro luogo-non luogo. Per brevità, risparmio ogni comparazione con l’atto del partorire (inizio o fine?, chiedo soltanto).
Bada bene: il caos è comunque divenire. Dal latino “de venire”, cioè giungere in un luogo altro, arrivare. Ma per fare cosa? Per “diventare”, che è un derivato di “divenire”, e cioè “essere qualcosa che non si era l’attimo prima”.
Se non stai già russando al cospetto di queste righe (se lo stai facendo, comunque, sogni d’oro), voglio aggiungere un paio di cosette. Voglio dire che se si parte dall’idea, si deve avere il coraggio di inoltrarvisi, perché essa è generata da un’altra idea, ed ancora, ed ancora, ed ancora… intrinsecamente alla co-esistenza del caos.
Per quanto ne sappiamo, la testa – ovvero l’idea – sembra la parte più idonea a concepire e sopportare tutto questo. Ma non è del tutto verosimile, perché c’è altro di “verosimile”. La fisica, ad esempio, mostra in formule la densità più esatta di un tale pathos (dal greco paschein, insieme ad ethos e logos alla base della retorica), assegnando tale densità ad ogni atomo e ai suoi subordinati. Un esempio: lo spazio di tempo per ricordare quel che abbiamo fatto ieri non è lo stesso, e non ha la stessa valenza, se la nostra memoria agisce tra due fermate del metrò piuttosto che a bordo di un caccia che, dopo aver rotto Mach 1 e 2, sta per rompere il muro di Mach 3.
Che palle, mi dirai… Hai ragione. Voglio sottolineare, però, che un oggetto che viaggia oltre Mach 1 arriva prima del rumore che produce per spostarsi. Se – al cospetto dell’ordine comune o del bisogno di “sincronia”, che citi nelle tue righe – questo non è caos, cos’è?
A ben pensarci, anzi, sembra una rappresentazione possibile di alcune tue righe. Queste: “Quello che il mondo fuori non sa è che un’idea non si può accarezzare, non si può circuire se non con un’altra idea... il lui che sogno è un’idea da cui mi lascio lambire la mente: se la prima volta che ci incontreremo proverà a sfiorare la mia pelle non accadrà nulla… sarà il suo pensiero a dover penetrare la mia mente”. Come vedi, parli di qualcosa che giunge prima della percezione sensoriale del suo esserci. E condivido pienamente: non riesco a sentire altrimenti.
Credo che il disordine, la confusione, e ciò che volgarmente chiamiamo caos, sono la fortuna che ci capita se intendiamo conoscere, capire, scambiare, amare, sorridere o piagere.
Cioè: percepire. Dal latino perceptionem, da perceptus, participio passato di percìpere, che significa…
Benedetta sia ogni tua cellula caotica, insomma.

Anonimo ha detto...

Leggendoti e guardandoti mi viene in mente che Nietzche non sbagliava dicendo che solo dal caos può nascere una stella danzante. Se quello che scrivi è parte di te, e se lo sguardo che ho visto nelle foto è lo sguardo che nel quotidinao ti accompagna... sei già una stella
Simo